BARTOLOMEO BARBIANI 1596–1645 Firmato e datato 1622
Dipinto, olio su tela, raffigurante "San Gerolamo in preghiera".
La figura di Girolamo, Padre e Dottore della Chiesa, appartiene a quella schiera di santi che, lungo il corso dei secoli, hanno sempre suscitato ammirazione e devozione. L’iconografia di Girolamo, oltre a presentare episodi legati alle sue vicende agiografiche, come quando ammansisce il leone, segue sostanzialmente due grandi schemi, che si richiamano a vicenda: egli è penitente nel deserto, raffigurato in quella spelonca che aveva eletto a romitorio, oppure è ritratto nel suo studio, chino sui libri, immerso nella riflessione. Talvolta i due schemi iconografici si fondono e Girolamo penitente nel deserto è occupato dal lavoro di studio, anch’esso inteso come opera di ascesi. Come nella tela qui oggetto di studio Girolamo penitente nel deserto è raffigurato come un anziano solitario, dall’aspetto ancora vigoroso nonostante le ripetute penitenze a cui costringeva il suo corpo. Egli è presentato semisvestito, con un drappo rosso per coprirsi sommariamente: il colore rosso evoca la tradizione che lo riconosceva cardinale della Chiesa. Tra gli attributi iconografici sovente, accanto a lui compare anche un teschio, ad indicare come la vanità di questo mondo è destinata a passare. Il suo sguardo, al contrario, è costantemente rivolto verso la croce di Cristo – elemento iconografico ricorrente perché solo la croce è sapienza, come afferma san Paolo. Il paesaggio nel quale è ambientata la scena di Girolamo penitente è solitamente arido, brullo, a richiamo di quel deserto nel quale il Santo si era rifugiato e che lui aveva ben rappresentato nei suoi scritti. La tela con san Gerolamo si presenta quindi sobria, priva di orpelli e di elementi che possano distrarre dalla figura del santo. Gerolamo è inginocchiato e contemplare pensoso il crocifisso, e ha davanti a sé rovesciati in primo piano alcuni libri, uno chiuso e gli altri sfogliati e consunti, libri che testimoniano dei suo studio assiduo. In mezzo ai libri sta rovesciato anche un cappello cardinalizio. Il santo si percuote il petto con una pietra, per penitenza. Gerolamo ha una folta e lunga barba ed è calvo al sommo del capo. Ai suoi piedi sta accucciato un leone. Nell’antro dove si trova, sulle rocce che fanno da ripiano alle sue spalle sono altri libri e il teschio, Il quadro è dipinto con pennellate vigorose e grande abilità compositiva ed è firmato sulla pietra che sta in basso a sinistra “ Bartholom.s/Barbianus / Politianus/Pingebat / a. Dom./ MDCXXII”. Si tratta di una rara e preziosa opera del pittore di Montepulciano Bartolomeo Barbiani nato nel 1596 e morto nel 1645. Barbiani, si formò nella bottega romana di Antonio Circignani detto il Pomarancio. Fu attivo tra Toscana e Umbria, dove soggiornò a lungo. L’apprendistato presso una delle più vivaci botteghe della Città Eterna spiegare bene la persistenza nella sua pittura di elementi tardomanieristici, come i colori cangianti di Federico Barocci e il paesaggio classicista del Domenichino, con alcuni influssi dei caravaggeschi e, soprattutto, dei pittori italo-francesiolandesi e dei seguaci di Bartolomeo Manfredi. Fra 1619 al 1628 è documentato a Todi dove sviluppa un linguaggio figurativo che coniuga l' originaria formazione tardo-manieristica con le novità del naturalismo caravaggesco desunte dall'amico e collaboratore Andrea Polinori e forse direttamente conosciute in un viaggio a Roma. L’artista ebbe però anche modo di meditare attraverso le prove umbre di maestri come Rutilio Manetti, Orazio Riminaldi e Alessandro Turchi. Oltre a tematiche religiose l'autore dipinse soggetti con animali, prospettive architettoniche, decorazioni, ritratti, vedute e altri temi vari. Lo schema compositivo del dipinto è assai classico, con punto di vista prospettico ribassato I caratteristici panneggi del Barbiani, ricchi drappeggi e pieghe risaltano particolarmente contro lo sfondo scuro e il bel rosso del manto accende l’intera tela. Il fine viso del santo rivela le consuetudini del pittore col cosmopolita ambiente romano del suo tempo. È evidente l’ossequio dell’artista all’iconografia consolidata ed ai testi sacri, ma senza scivolare nell’enfasi barocca, La luce che proviene dalla sinistra e crea un forte chiaroscuro su Giroolamo e i libri abilmente disposti suonano come un omaggio del Barbiani al caravaggismo e alla tradizione della natura morta. Il dipinto qui oggetto di studio è una nuova ed importante aggiunta al catalogo del Barbiani che è assai ricco dopo il 1630 ma piuttosto sguarnito per gli anni giovanili.
Bibliografia: M. Castrichini, Bartolomeo Barbiani, Repertorio delle opere, in Pittura del Seicento in Umbria, Ferraù Fenzoni, Andrea Polinori, Bartolomeo Barbiani, a cura di F. Todini, Todi 1990
Restauri d'uso
Dimensioni in centimetri;
Lunghezza
Profondità
Altezza